Psicologia, Salute e Benessere
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mercoledì 14 febbraio 2018
Farmaci o psicoterapia ?
Massimo Gaudieri
Tratto da: Psicologia e Salute, Nuova Serie, Anno I, N° 2 Maggio-Agosto 1998, che detiene i copyright
"Dottore, cosa ne pensa se prendo dei farmaci … ?"
Nonostante io sia psicologo e non medico (per le differenti competenze vedi "La scelta dell' operatore" di prossima pubblicazione sul Blog), ed in quanto tale non mi occupo né della somministrazione né del controllo farmacologico spesso ricevo questa richiesta.
A dire il vero mi viene rivolta solo in forma più colloquiale in quanto generalmente mi do il "tu" con le persone che seguo in analisi e, fatta questa differenza, similmente ai miei colleghi che operano nei vari settori sono tenuto ad esprimere una opinione che sicuramente influenzerà il cliente.
Sia la domanda che la risposta sono condizionate da una serie di considerazioni implicite che sia l’operatore che l’utente si pongono e che ruotano attorno alla dannosità del farmaco, la sua utilità, il suo interferire con un lavoro personale di cambiamento, ecc.
Cercherò di entrare in queste considerazioni esplicitando le mie riflessioni.
“…sei d'accordo che il farmaco è dannoso?…”
Contrariamente a quello che le persone spesso si aspettano da uno psicoqialcosa, personalmente ho un'opinione favorevole all'uso dei farmaci, e scoraggio vivamente qualunque atteggiamento sostanzialmente idealista e di principio quale : "…non voglio i farmaci perché uno diventa dipendente…, bisogna farcela con le proprie forze…, …è un segno di debolezza…, …non servono a nulla…"
In realtà tutte queste argomentazioni mi sembrano viziate da aspettative ambivalenti e spesso rischiose.
Il rischio di "dipendenza" va valutato in termini di costi benefici e non in termini di principio, insomma mettendo a confronto i limiti che la problematica psicologica impone con gli effetti di una possibile dipendenza farmacologica.
Il "bisogna farcela con le proprie forze" è una mezza verità ed una mezza corbelleria.
E’ vero che senza l'impegno delle proprie forze nulla può risollevarci da un disagio psicologico (tantomeno la psicoterapia o l'analisi), è anche vero che nel caso del disagio psichico le "proprie forze", senza un aiuto e/o un sostegno, hanno portato al groviglio in cui la persona si trova.
Il fatto che sia "un segno di debolezza" si commenta da solo.
A meno che non confondiamo la vita con la pubblicità di un profumo, è cosa ovvia che avere "debolezze" è parte integrante della vita di ciascuno, e la vera debolezza, scusate il gioco di parole, è “…la debolezza che si manifesta nell'assenza di coraggio ad ammettere la debolezza…”.
L'affermazione "non servono a nulla" è quella che merita più rispetto ed attenzione.
Prima cosa va affermato che non è vera in assoluto e l'utilità o inutilità del farmaco si definisce in rapporto alle aspettative.
Sicuramente un farmaco non può aiutare a scegliere un partner più adeguato, o ad avere un atteggiamento fiducioso nei confronti della vita, o a trovare la forza di esprimere i propri sentimenti, o a rileggere la realtà quotidiana con occhio più realistico e meno influenzato dalle aspettative (quelle che si generano dal punto di vista fisiologico nel lobo frontale ma che si strutturano nelle esperienze familiari e culturali) del proprio copione di vita (E’ di prossima pubblicazione sul Blog un articolo sul copione).
Certamente un farmaco può aiutare a sedare sintomi psichiatrici dolorosi che rendono più difficile quel lavoro di riappropriazione e ridecisione della propria vita.
Parafrasando il personaggio comico Catalano possiamo dire che: "…è meglio avere una vita serena senza conflitti, in cui scelte ed emozioni scorrono fluidamente e naturalmente che avere una vita conflittuale in cui sensazioni fisiche ed emotive emergono confuse e dolorose…", però nell'impossibilità di vivere la prima condizione non riesco ad individuare un valido motivo, se non uno stoicismo fuori moda, per costringersi nella seconda posizione; concludendo trovo decisamente ragionevole che mentre mi occupo di capire le mie emozioni mi avvalgo di un farmaco che mi renda più facile l'alzarmi dal letto il mattino o mi eviti o riduca le crisi d'ansia.
Arrivati a questo punto la questione può essere posta attraverso la seguente domanda:
"Qual' è l 'intervento che con la massima economia mi da i migliori risultati ?"
La prima considerazione da fare è che questo quesito è totalmente leggittimo, ed è una considerazione indirizzata a settori specifici dell’offerta psicoqualcosa in cui il “percorso” si trasforma da strumento a scopo e, quindi, l’economicità può essere interpretata come una deviazione dal “percorso”; personalmente rimango ancorato ad una “ottica medica”, in cui il “curare” è l’obiettivo a cui è asservito il “percorso”.
Fatta questa premessa, c’è da dire che il quesito non è mai stato di facile risposta, i parametri di riferimento sono eccessivamente fluttuanti.
Vediamolo in pratica con un esempio.
Arcangela (* nome convenzionale) soffre di fastidiosi attacchi di panico, improvvisamente ed immotivatamente prova una forte sensazione di paura che la blocca o le scatena una preoccupante tachicardia.
Gli interventi di fronte a questa situazione sono vari e tutti presentano aspetti positivi e negativi.
Ne elenchiamo alcuni.
1)Arcangela affronta il suo disagio con uno Psicofarmaco.
Aspetti positivi: supera il sintomo rapidamente e questo le permette di non variare il suo ritmo di vita.
Aspetti negativi: potrebbe non reagire ai farmaci, o assuefarsi; potrebbe essere esposta ad una migrazione dei sintomi; il disagio esistenziale rimane immutato.
2)Arcangela affronta il problema con un qualunque intervento di tipo comportamentale (desensibilizzazione, ricondizionamento, ecc.).
Aspetti positivi: supera il sintomo rapidamente e questo le permette di non variare il suo ritmo di vita.
Aspetti negativi: potrebbe essere esposta ad una migrazione dei sintomi; il disagio esistenziale rimane immutato.
3)Arcangela lavora in chiave analitica,ovvero affronta un lavoro che,attraverso la conoscenza del significato nascosto del sintomo,le permette di ristrutturare la personalità e trovare nuove opzioni.
Aspetti positivi: affronta le radici intrapsichiche della difficoltà
Aspetti negativi: il trattamento ha una lunga durata; solo lentamente la persona trova sollievo; il sintomo può continuare a condizionare la vita del soggetto e del suo ambiente per un lungo tempo.
Tornando al quesito di partenza: "qual'è l'intervento che con la massima economia mi da i migliori risultati ?"
Vediamo che ciascun intervento ha aspetti positivi e negativi, ed è ragionevole dire che in molti casi la combinazione di più interventi è la risposta vincente ad una problematica che limita la vita.
Se una persona non vuole cambiare?
Il vero problema dell'uso del farmaco sorge quando a chiederlo è una persona che non vuole cambiare.
Bianco ha un atteggiamento ipercontrollante nei confronti della moglie e concepisce il lasciarsi andare solo come conseguenza dell'avere potere sull'altro, le rare volte che entra in contatto con una affettività coinvolgente viene rapidamente assalito da crisi di panico o attacchi di angoscia; le vicende della vita e del suo matrimonio lo hanno portato in più occasioni a godere di un franco scambio affettivo ed ormai non ha più "la forza" di proporsi in forma tirannica, è troppo alto il rischio di perdere la gradevolezza delle coccole conquistate.
Il bivio che gli si propone è quello di rinunciare alle coccole o riesporsi alle crisi di panico o viceversa affrontare un cambiamento che lo metta in condizione di vivere serenamente il legame affettivo svincolandolo da giochi di potere.
A questo punto entra in campo il farmaco: si gusta le coccole, quando vengono le crisi di panico le utilizza per tiranneggiare la moglie, ed il farmaco lo aiuta ad andare avanti…
Bianco usa il farmaco per non cambiare ed in questo non è molto dissimile da Genoeffa, questa era divisa fra tanti amori, tanti sensi di colpa e tanti impegni che la tormentavano durante le sue giornate che scorrevano caotiche e vorticose.
La tachicardia neurovegetativa, era il minimo che potesse capitarle e l'abuso di farmaci la logica conseguenza fino a quando non ha deciso di mettere un poco di ordine nella sua vita.
Conclusioni
La conclusione paradossale di questa riflessione è che spesso gli sponsor del farmaco, ovvero coloro che si rivolgono a questo rimedio nel tentativo di negare il proprio psichismo, sono anche l'utenza che ne avrà meno vantaggi; viceversa quelle persone che, volendo affrontare il proprio psichismo, rifuggono il farmaco sono quelle che ne potrebbero avere i maggiori benefici, avendo nel farmaco un utile alleato nel proprio lavoro psicologico ed analitico.
Una considerazione finale che rivolgo ai colleghi analisti e/o psicoterapeuti, se è opportuno rivalutare l'utilità del farmaco è anche utile tenere le competenze separate, anche in quei casi in cui l'operatore è anche medico.
Chi si occupa del perché di un sintomo psicologico è bene che si tenga estraneo a tutto quel lavoro, che il farmacologo dovrà fare, di valutazione quantitativa del sintomo.
Un saluto ed al prossimo articolo
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