Psicologia, Salute e Benessere
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venerdì 4 gennaio 2019
Prevenire lo Stalking ed il femminicio... si può?
Massimo Gaudieri ed Antonella Marchesiello
Che detengono i copyright insieme al Blog: Psicologia Salute e Benessere Blog di approfondimento
“Il bisogno di amare è un bisogno fondamentale dell'uomo e della donna”( Eric Fromm).
Tuttavia la spinta ad amare e soprattutto ad essere amati può tenderci delle trappole pericolose.
Il rischio è d'innamorarsi di un manipolatore o di una manipolatrice, ovvero persone che esercitano sul partner un'influenza subdola ed ingannevole, tale da indurlo/a a soddisfare esclusivamente i propri interessi, ai danni del partner, che ne fa le spese.
Tuttavia dobbiamo considerare che spesso la vittima è “psicologicamente complice” del proprio persecutore, nel senso che essi rappresentano due identità complementari.
Il persecutore, con la sua personalità “dipendente”, si completa con la personalità “co-dipendente” della sua vittima, e questo comporta che la prima prevenzione del fenomeno si attua attraverso due passi, solo apparentemente semplici, ed ovvero darsi il permesso ed il tempo per conoscere il proprio partner e darsi il permesso ed il tempo per esplorare, e quindi conoscere, quali sono le esigenze soggettive che, aggiungendosi alla gratificazione affettiva, cercano soddisfazione nella relazione.
Lo Stalker è un individuo debole che trasforma, il normale vissuto della “dipendenza” affettiva, componente fisiologica di una relazione, in una tumultuosa possessività che lo rende capace di comportamenti violenti nei confronti del partner.
La manipolazione, ovvero la violenza psicologica, non è che il primo grado di un'escalation di violenza, che può condurre successivamente allo stalking e poi, in situazioni estreme, al femminicidio.
Le prime armi, che usa il manipolatore o la manipolatrice sono:
1. Il ricatto affettivo
2. La colpevolizzazione
3. La denigrazione
4. Le lusinghe e le bugie
5. La dipendenza indotta (affettiva e/o materiale)
Il persecutore appare agli occhi della sua vittima come una persona brillante, un ammaliatore /un’ammaliatrice, ma dietro tanta sicurezza si nasconde una parte oscura, molto fragile, che non sfugge all’osservazione di colei, colui che lo ama, ovvero la sua vittima.
Questa fragilità induce nel partner/ vittima un atteggiamento protettivo, salvifico, che gli fa da “contraltare”generando un circolo vizioso (o in altri termini una catena di ricattamenti e giochi psicologici) in cui, quanto più il persecutore è egocentrico/a e permaloso, tanto più la vittima sviluppa una scarsa autostima ed una inibizione emotiva, finendo per considerare i bisogni del partner/persecutore prioritari rispetto ai propri.
Quanto più il partner persecutore mostra scarso senso di responsabilità, tanto più la vittima tende a farsi carico di tutti i problemi e le incombenze della vita di coppia. Entrambi vivono una condizione di dipendenza affettiva, che affonda le sue radici nella famiglia d'origine.
Infatti, nella relazione di coppia, ciascuno dei due porta con sè un triste bagaglio di condizionamenti psicologici e di credenze legate ai primi rapporti affettivi, ovvero al tipo di relazione emotiva sviluppato con le persone più vicine durante la prima infanzia e nei periodi successivi della formazione (attaccamento primario).
Se il modello di attaccamento vissuto è stato “ sicuro”, cioè ci siamo sentiti accolti fiduciosamente e serenamente dai genitori nei primi mesi di vita, si sviluppano e crescono modalità affettive e comportamenti di fiducia nei confronti del partner, che ci portano a non temere l'abbandono e vivere il legame affettivo in quella fisiologica “dipendenza” affettiva che non deborda nella tumultuosa dipendenza fusionale.
Se, al contrario, abbiamo introiettatto un modello di attaccamento insicuro, a causa di genitori molto ansiosi, depressi o violenti, potremo sviluppare una scarsa autostima circa la nostra amabilità e potremo tendere a costruire due sistemi di credenze, alternativi e complementari, ovvero:
-Uno che ci porta ad immaginare che l’amore è una funzione di servizi erogati o di quanto siamo capaci di generare il benessere dell’altro, con una conseguente e costante paura dell'abbandono, laddove le nostre “funzioni” dovessero venire meno.
-L’altro che ci porta ad immaginare che siamo amabili fino a quando abbiamo un posto esclusivo nella mente dell’altro, e che per promuovere la nostra amabilità dobbiamo “occupare” i pensieri e la vita dell’altro nei minimi dettagli.
Nelle future relazioni amorose questi ultimi, temendo di perdere la persona amata, possono anche rincorrere compulsivamente la donna amata che, sentendosi braccata, mostra comportamenti evitanti… ma più la donna (o l’uomo) evita il partner, più aumenta la paura dello Stalker di perderla…
Abbiamo due quesiti, il primo riguarda la considerazione di quali possano essere le situazioni che fanno scattare lo Stalker “nell’inseguimento” del partner; il secondo quesito riguarda i motivi che portano la vittima ad indugiare in una relazione così malsana.
Per quanto riguarda il primo quesito non dobbiamo immaginare che gli eventi che fanno attivare i comportamenti controllanti e persecutori dello Stalker siano da ricondurre ad evidenti e grossolane disattenzioni affettive del partner, queste possono venire in un secondo momento ed essere quei fenomeni che generano il precipitare degli eventi fino agli estremi fatali.
Gli eventi attivanti possono essere banali interessi del partner verso la vita extra coppia, p.es. l’interesse verso il lavoro, verso una cara amica d’infanzia, la famiglia d’origine, ecc. e non dobbiamo pensare ad interessi eccessivi quali un comportamento da drogato del lavoro, un attaccamento morboso all’amica ed una presenza invasiva di quest’ultima nella vita di coppia, atteggiamenti simbiotici e subordinati alla famiglia d’origine; per scatenare il controllo e la persecutorietà è sufficiente che si dia importanza alla puntualità sul posto di lavoro con conseguente riduzione delle effusioni prima di uscire di casa, oppure attardarsi a telefono con l’amica al posto che salutarla precipitosamente alla presenza del partner, o viceversa avere il pensiero di acquistare qualcosa per la propria famiglia d’origine mentre si fa la spesa per la coppia.
E’ l’estremo bisogno di fusionalità con il partner che fa percepire ogni minima deviazione dalla “totale centralità” nella mente della persona amata, come una minaccia affettiva che attiva le paure di essere abbandonati.
Da qui il passaggio a comportamenti invadenti, persecutori, controllanti, svalutanti è praticamente immediato.
L’alternanza di comportamenti “stalkerizzanti” con comportamenti teneri ed affettuosi, incatena la vittima e gli genera confusione.
Andando al secondo quesito, ovvero i motivi che portano la vittima ad indugiare in una relazione così malsana, una prima risposta viene proprio dall’alternanza dei comportamenti stalkerizzanti con i comportamenti teneri.
Anche la vittima vive un costante e sotterraneo timore di essere abbandonata ed ha affidato alla speranza di essere “utile” il proprio destino affettivo; la radicata convinzione di avere il completo potere di generare il benessere o il malessere del partner, spinge la vittima in un egocentrismo pericoloso in cui la tendenza a ricondurre su se stessa l’origine di ogni fenomeno la porta ad una sostanziale cecità circa la responsabilità dell’altro, a questo va aggiunta la potente e gratificante intensità affettiva che la vittima percepisce quando lo stalker mostra il lato tenero. Tutti questi elementi intrappolano la vittima nella relazione malsana che, troppo spesso, viene percepita nella sua pericolosità quando ormai è andata troppo avanti.
In ultima analisi possiamo constatare che l'insicurezza affettiva che prova lo Stalker quando teme di non essere amato, ed in maniera ancora più drammatica il femminicida, , lo spingono a tormentare psicologicamente e fisicamente la sua partner, fino all'atto estremo dell' omicidio che spesso si accompagna al suicidio.
La frequente combinazione di omicidio/suicidio ci rappresenta quanto in realtà l’obiettivo ultimo non sia la vendetta ma, nell’atto estremo, lo Stalker vuole riappropriarsi della sua donna, recuperare su di lei il controllo, a costo della sua stessa vita.
Il modello di attaccamento primario ci influenza anche nella scelta del nostro partner…che non è mai casuale. In genere cerchiamo qualcuno che somigli al nostro genitore di sesso opposto, perché il modello che già conosciamo ci rassicura ed anche perché crediamo inconsapevolmente di avere una seconda opportunità per riuscire a cambiare, attraverso il partner, quel genitore, che ci ha fatto soffrire.
Scegliamo, ad esempio, una compagna dal carattere freddo, rigida come nostra madre, nell'illusione di riuscire finalmente a conquistare tutta la sua considerazione, oppure un compagno autoritario, irascibile come nostro padre, nell'illusione di riscattare tutto il suo amore…
Ovviamente queste sono delle semplificazioni che non significano una obbligatorietà o un automatismo dei comportamenti, però certamente come concepiamo la “fusionalità”, ovvero evento episodico che caratterizza momenti di particolare affiatamento o necessità impellente nel quotidiano, unitamente a come concepiamo la nostra responsabilità nella generazione degli eventi emotivi, ovvero co-attori piuttosto che registi assoluti, determina quanto siamo esposti al rischio di diventare vittime o stalker!